Le opere migliori di questi registi (si pensi a C'eravamo tanto amati, a Profumo di donna, a L'armata Brancaleone o Un borghese piccolo piccolo dello stesso Monicelli) nascevano sui toni estremi. La loro forza stava nel coraggio con il quale i temi, le espressioni, il gioco degli attori tendeva a eccedere.

Tutto questo, forse perché i tempi non sono facili nemmeno per i cosiddetti grandi, siamo alle dignitose mezze misure. Prendiamo questo personaggio del Settecento romano, che Sordi interpreta con il consueto entusiasmo. E' il rampollo stagionato di una famiglia di nobili romani, da sempre dediti al servizio del Papa. Più che le preghiere ed i suoi doveri pontifici, il nostro marchese ama la vita notturna, gli scherzi. Ed i francesi di Napoleone: tanto dal voler piantar tutto, per andarsene a Parigi.

La farsa di Monicelli e Sordi riesce a far ridere il pubblico, anche se non sempre si eleva al di sopra del tradizionale vaffanculo. Ma, sicuramente, gli autori miravano più in alto. A voler conferire una dimensione moderna, semi-tragica, a questo romano decadente, che intravede negli stranieri la possibilità di riscattare il proprio macchiettismo provinciale, la propria nobiltà di cartapesta.

Buone intenzioni: che ristagnano nel conformismo, sempre accurato ma formulato, di un'esecuzione di maniera. La storia rimane aneddoto, e non sempre divertente o stimolante. Le trovate si ripetono (come gli scambi con il sosia), le strizzate d'occhio alle ricostituzioni storiche di Fellini non sono sempre felici e la platea deriva non tanto allegramente assieme al film.>